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Danni da emotrasfusione: guida completa al risarcimento per trasfusioni di sangue infetto
Le trasfusioni sono procedure salvavita e nella maggioranza dei casi sicure, grazie al sistema di emovigilanza istituito e regolato da specifiche norme nazionali. Esistono, tuttavia, reazioni indesiderate gravi o inattese e infezioni che possono derivare dal processo trasfusionale per errori di sorveglianza. In questo articolo ci occuperemo dei danni da emotrasfusione ed in particolare dei danni da trasfusioni con sangue infetto e non correttamente controllato e di come agire per ottenere il risarcimento.
Le emotrasfusioni errate, pur essendo rare, possono provocare conseguenze gravi e permanenti e portare anche al decesso del paziente. In questi casi, il paziente o i suoi familiari avranno il diritto ad risarcimento per i danni subiti.
Chi subisce un danno da emotrasfusione non affronta soltanto una complicanza medica. Affronta un percorso psicologico difficile, spesso segnato da una malattia infettiva e dalla sua possibile evoluzione sfavorevole.
Questo tipo di errore rientra a pieno titolo tra i danni causati da malasanità e può dare diritto a un risarcimento. Il danno, infatti, può riguardare la salute fisica, la sfera psicologica, la qualità della vita e, nei casi più gravi, portare a una condizione di invalidità permanente, l’epatite C e B o l’HIV, che può alterare profondamente la qualità della vita.
Il contesto normativo: legge 210/1992 e risarcimento del danno da emotrasfusione
Chi ha contratto un’infezione a seguito di emotrasfusione può accedere a due diversi strumenti di tutela:
- L’indennizzo previsto dalla legge 210/1992, che riconosce un assegno periodico a chi ha subito danni irreversibili a causa di trasfusioni con sangue infetto o somministrazione di emoderivati contaminati.
- Il risarcimento del danno da emotrafusione, che si basa invece sulla dimostrazione di una responsabilità da parte della struttura sanitaria o dell’amministrazione pubblica. La struttura sanitaria è responsabile della sicurezza delle trasfusioni effettuate, avendo l’obbligo di controllo e conservazione del sangue e di adottare protocolli adeguati. Il Ministero della Salute può rispondere per omessa vigilanza e controllo sulla sicurezza del sangue e degli emoderivati.
Le due procedure non si escludono a vicenda: l’indennizzo, infatti, non esclude la possibilità di ottenere anche un risarcimento pieno, proporzionato alla gravità del danno subito.
Quando l’emotrasfusione è considerata dannosa
Una trasfusione si considera dannosa quando il sangue o l’emocomponente somministrato risulta contaminato da agenti patogeni. In Italia, grazie all’obbligo di screening dei donatori e al controllo dei prodotti ematici, questi episodi sono oggi rari, ma non impossibili.
Le patologie trasmissibili attraverso il sangue sono l’epatite B (HBV), l’epatite C (HCV) e l’HIV. Possono manifestarsi anche a distanza di diversi anni dal momento del contatto con il sangue infetto, rendendo spesso complesso per il paziente riconoscere il collegamento causale con la trasfusione spesso ricevuta molti anni prima. In questi casi, la prova si baserà sull’esame della documentazione sanitaria, su esami diagnostici e di laboratorio e, ovviamente, su una approfondita valutazione medico- legale.
Risarcimento danni da emotrasfusione: come si configura la responsabilità?
Affinché possa nascere un diritto al risarcimento, è necessario dimostrare che il danno sia stato causato da un comportamento negligente, da una mancanza nei controlli, o da un errore umano o organizzativo. Come già in precedenza anticipato, l’azione di risarcimento potrà coinvolgere la Struttura sanitaria, il Ministero della Salute e il personale sanitario.
Responsabilità della Struttura sanitaria
La struttura sanitaria può risultare responsabile di danni da emotrasfusione, ad esempio, se non ha adottato i protocolli di sicurezza previsti.
Responsabilità del Ministero della Salute
Il Ministero della Salute può essere ritenuto responsabile di un danno a seguito di una trasfusione nel caso in cui il sangue infetto sia stato distribuito senza adeguati controlli centrali.
Responsabilità del personale sanitario
In alcuni casi, anche il personale sanitario può essere ritenuto responsabile di un danno da emotrasfusione. Questo può accadere se ha trascurato le necessarie verifiche prima di iniziare la trasfusione (ad esempio: incompatibilità di gruppo sanguigno)
La prova del nesso causale per danni da emotrasfusione
Uno degli aspetti più delicati è provare il collegamento diretto tra l’emotrasfusione ricevuta e la patologia sviluppata. Non sempre è semplice, ma è possibile.
Per dimostrare un legame tra l’emotrasfusione eseguita dal paziente e la patologia successivamente insorta risulta fondamentale raccogliere e analizzare vari tipi di documentazione sanitaria. Di seguito si riportano i principali elementi da prendere in considerazione per la valutazione dei danni da emotrasfusione:
- le cartelle cliniche complete rappresentano la fonte primaria di informazioni. E’ essenziale recuperare copia conforme all’originale delle cartelle cliniche dalle quali si può desumere l’evento trasfusionale che potrebbe essere stato la fonte del presunto contagio. Questi documenti forniscono dettagli cruciali sulla storia medica del paziente, le trasfusioni ricevute e le condizioni cliniche preesistenti.
- i referti degli esami effettuati prima e dopo la trasfusione sono importanti per confermare il contagio e aiutano a definire quando è stata contratta l’infezione. Questi esami possono includere test sierologici, ematologici e genetici.
- eventuali diagnosi tardive legate a infezioni trasmesse. E’ importante considerare che la diagnosi di infezione o più frequentemente di malattia legata all’infezione post-trasfusionale vengono spesso raggiunte a distanza anche di molto tempo dalla trasfusione.
- cartelle di ricoveri successivi sono essenziali per documentare le conseguenze dell’infezione post-trasfusionale. Questi ricoveri possono essere necessari per gestire complicazioni o malattie derivanti dall’infezione e la loro analisi può fornire ulteriori prove del legale tra la emotrasfusione e la malattia. .
Tutti questi elementi permetteranno ad un medico legale esperto di ottenere una visione chiara e dettagliata della situazione del paziente e garantiranno una precisa ricostruzione dei fatti e delle conseguenze di una emotrasfusione e dei relativi danni, ponendo pertanto le basi per una richiesta di risarcimento.
Anche la giurisprudenza recente, come alcune sentenze della Corte di Cassazione, ha ribadito che la prova può anche essere presunta, se esistono elementi che rendono verosimile il nesso tra la trasfusione e l’infezione contratta.
Quali danni da emotrasfusione possono essere risarciti?
Il danno da emotrasfusione si manifesta in diversi ambiti della vita del paziente. Può trattarsi di un danno biologico, legato alla compromissione dello stato di salute, ma anche di danni morali e patrimoniali. Oltre al danno alla salute, sono risarcibili, ad esempio:
- le spese sostenute per esami, visite e cure;
- i giorni di assenza dal lavoro;
- la perdita della capacità lavorativa;
- il disagio psicologico e l’impatto sulla vita quotidiana.
In caso di decesso, il risarcimento può essere richiesto dai familiari, che hanno diritto ad essere ristorati per la perdita del rapporto parentale e per il dolore subito.
Per i danni permanenti alla salute, il risarcimento sarà calcolato applicando le tabelle medico-legali per il calcolo dei macropermanenti, che quantificano l’impatto delle lesioni sulla vita del paziente.
Quanto tempo si ha per agire? (la prescrizione)
Il diritto al risarcimento dei danni da emotrasfusione non è illimitato nel tempo. In genere, il termine di prescrizione è di 5 anni dalla scoperta del danno e della sua correlabilità alla trasfusione ricevuta. La prescrizione, pertanto, non decorre dal giorno in cui è stata eseguita la trasfusione, né da quello in cui si sono manifestati i primi sintomi dell’infezione, ma da quando il paziente danneggiato acquisisce la consapevolezza della riconducibilità causale della sua malattia alla trasfusione eseguita.
È quindi fondamentale muoversi con tempestività, appena si ha consapevolezza del danno e del suo legame con la trasfusione ricevuta.
Cosa fare per chiedere il risarcimento del danno da emotrasfusione
Il primo passo è sempre recuperare tutta la documentazione sanitaria. Poi è utile rivolgersi a un medico legale per una perizia che confermi la correlazione tra trasfusione e malattia. Infine, è possibile presentare una richiesta di risarcimento formale alla struttura sanitaria o al Ministero. Se non si ottiene risposta, si può procedere per vie legali. Contestualmente può essere utile presentare anche la domanda per l’indennizzo ai sensi della legge 210/92.
In caso di decesso della persona trasfusa, il diritto al risarcimento può essere esercitato dai suoi eredi. In particolare, gli eredi potranno avanzare richiesta di risarcimento per:
- danno iure hereditatis: è il risarcimento per i danni subiti in vita dal defunto;
- danno iure proprio: è il risarcimento per il danno subito direttamente dagli eredi, ad esempio, per la perdita del rapporto con il congiunto.
Affidati a chi conosce davvero la materia
Affrontare un percorso legale dopo un danno da emotrasfusione può sembrare complesso, ma con il supporto giusto è possibile ottenere giustizia e riconoscimento del proprio diritto al risarcimento.
E’ importante conoscere i propri diritti ed agire entro i termini di legge affidandosi a professionisti esperti in responsabilità sanitaria e nei danni da emotrasfusioni.
Se tu o un tuo familiare siete stati danneggiati da una emotrasfusione contattaci per una consulenza gratuita. Gli esperti in malasanità convenzionati con l’Associazione Iride ti aiuteranno a raccogliere le prove necessarie, valutare il danno e tutelare i tuoi diritti in ogni sede.
La giustizia comincia con l’informazione. Non aspettare: tutelati oggi stesso.