È ormai conosciuta la possibilità di diagnosticare precocemente molti tumori e quindi di curarli tempestivamente con buoni risultati, anche la guarigione definitiva. La scienza medica negli ultimi 10 anni ha fatto molti progressi in questo campo con la scoperta di farmaci sempre più potenti e interventi chirurgici di tipo “conservativo” ovvero poco aggressivi e poco invalidanti.

Ma la diagnosi precoce è affidata innanzitutto all’autocontrollo ovvero ad una particolare attenzione al nostro corpo e al nostro modo di essere e di rapportarsi con l’ambiente circostante segnalando al medico segni anche minimi ma che possono essere il primo “segnale” di questa malattia.

A questo punto inizia il nostro percorso nella via del Servizio Sanitario, cominciano i primi esami e le prime consulenze specialistiche (visite, esami del sangue, esami radiologici, endoscopici, etc.).

È su questo percorso che possono verificarsi errori, generalmente di tipo omissivo, ovvero per non avere il medico o i medici saputo interpretare correttamente un segno clinico o il risultato di uno o più esami diagnostici, o addirittura per non averli effettuati correttamente o nei tempi giusti. Da questo nasce il cosiddetto “evento avverso” ovvero il ritardo diagnostico della malattia con conseguenze sfavorevoli che vanno dalla necessità di una cura più lunga e fastidiosa alla riduzione o addirittura alla perdita del beneficio del trattamento. La malattia, che poteva essere combattuta efficacemente all’inizio, diviene insidiosa e difficile da curare.

Come rimediare a questi errori? I medici sono consapevoli di questo rischio e da tempo hanno elaborato protocolli diagnostico-terapeutici e “linee guida” per consentire, anche ai colleghi meno esperti, di adottare le procedure più corrette per giungere tempestivamente alla diagnosi e impostare altrettanto precocemente la terapia.

Nelle Aziende sanitarie è stato costituito un apposito centro osservazionale denominato “osservatore e gestore del rischio clinico” a cui collaborano le direzioni sanitarie e gli specialisti dei diversi settori interessati alla diagnosi e alla cura dei tumori.

Non manca dunque la “buona volontà” di evitare questi errori e di offrire conseguentemente una “buona sanità”. Ciò nonostante talvolta questi “eventi sfavorevoli” non possono essere evitati. Si determina allora nel cittadino la legittima aspettativa di un “riconoscimento” del danno che ne è conseguito.

L’Associazione Iride può “aiutare” ad ottenere il riconoscimento del danno, ove esistente e ove sia documentabile, attraverso la “ricostruzione” della storia clinica del paziente, senza che questa richiesta si traduca in una accusa di incompetenza o, peggio, di trascuratezza a carico del sanitario e dei sanitari che risulteranno coinvolti nel determinismo dell’errore o degli errori. Riteniamo infatti che la “buona volontà” di assistere al meglio chi merita di assistenza non possa essere contestata ai medici perché purtroppo “l’errore” è sempre possibile in quanto insito nelle stesse procedure assistenziali e facilitato spesso dalla reale difficoltà nell’attribuire segni e reperti alla malattia oncologica.

Sul fronte avverso c’è sempre l’errore “commissivo” che consiste nel diagnosticare una malattia inesistente o comunque diversa o di minore gravità, attivando quindi un percorso terapeutico inutile e talvolta addirittura dannoso.

Niente di meglio quindi che riflettere attentamente sulle cause dell’errore e sulle sue reali conseguenze prima di ritenersi danneggiati dalle procedure sanitarie e chiedere quantomeno un ristoro economico del danno che si ritiene di avere subito.

 

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